Grecia in ripresa
La fine dell’euro è rinviata

Sarebbe davvero grottesco per un Paese dell'Eurozona come la Grecia, appena riguadagnato l'accesso ai mercati, veder vincere i partiti che vogliono uscire dalla moneta unica. Non si tratterebbe solo di costi - 240 miliardi di euro e un haircut di 100 miliardi, praticamente il principale della storia moderna - ma di obiettivi politici. I tanti sacrifici dalla popolazione ellenica e i risultati conseguiti, sarebbero spazzati via. E questo proprio nel momento in cui la Grecia è riuscita a collocare 3 miliardi di euro di titoli a un tasso inferiore al 5%, davanti ad una domanda di pubblico da venti miliardi. Dopo che gli investitori hanno perso anche il 70% del loro capitale, il rischio di default della Grecia è stato archiviato. Una svolta che si vede dalle stesse previsioni di crescita. Se il rigore è servito, perché mai tornare indietro? Tutti i Paesi che hanno avuto bisogno di un salvataggio da parte della Ue e dello Fmi sono di nuovo sui mercati. Fior di economisti non avrebbero scommesso nemmeno un cent sulla tenuta della moneta unica, proprio sulla base dell’esempio greco. Ora si sono ammutoliti di colpo. Perché anche se nemmeno il più inguaribile degli ottimisti può sperare che i greci diventino un pò più rigorosi e magari i tedeschi un pò più prodighi, l'euro con tutti i suoi difetti non era solo un progetto monetario. Era il volano di un'integrazione politica. Un progetto che sta affrontando prove durissime, costruito sicuramente a sbalzi, ma che, incredibile, ancora non può dirsi fallito. Ora che potrebbe essere superata la crisi greca, ancora più grottesco sarebbe se tutto andasse in malora per una crisi italiana. Il rischio c’è eccome. Negli ultimi trent'anni il tasso medio di crescita è declinato regolarmente. In Europa ci si chiede se un debito come il nostro non sia troppo grande per non trascinare tutto il continente in una situazione di instabilità. Con una produzione industriale che dall’inizio della crisi ha perso un quarto del potenziale e gli investimenti si sono ridotti di quasi il 30%, c’era solo la Grecia ad aver fatto peggio. E la Grecia, dal prossimo anno, crescerà a tassi doppi dell'Italia. Per questo Renzi ha ragione nel suo voler affrontare con un fiero cipiglio tutti quei capitoli di spesa che hanno compromesso alla radice le capacità di sviluppo e crescita del Paese. Un male oscuro quello italiano ben precedente all’euro, alla crisi greca e persino a Berlusconi, considerato una catastrofe. Solo che tutti ora si chiedono se Renzi sarà in grado di realizzare quanto promesso con i sindacati, i manager pubblici, il suo stesso partito che protestano. Magari una forza liberale per aiutarlo gli servirebbe. Dalle elezioni europee, bisognerebbe che questa forza liberale iniziasse a prendere un corpo consistente.

Roma, 11 aprile 2014